Cosa succede quando il creare si confonde col distruggere? E’ quello su cui si interroga Margherita Vicario quando canta “Abaué”.
E’ un paradosso importante per chi prova a vedere la scrittura come creazione che in qualche modo è incompatibile con la distruzione e con la morte.
La canzone si muove tutta intorno a questo paradosso, con eleganti parole chiave che vanno a definire il senso della scrittura-creazione, che per l’inconscio non si allontana dall’atto primordiale di mettere al mondo un essere umano.
Io partorisco senza dolore
L’anestesista canta
Abaué ah, Abaué ah
Ma è il tuo il dominio della creazione
In pochi versi si racchiude un punto centrale della creazione che, come ci racconta l’antropologia, dalla notte dei tempi appartiene al femminile fino a quando la cultura patriarcale, in particolar modo la nostra cristiana, non ha assicurato all’uomo, dio padre, il “dominio della creazione”.
Il punto di vista è quello di una donna che può opporsi e contrastare questo furto culturale solo non obbedendo alla parola del dio padre che ha deciso di mettere la sua parola a cappello del dolore della partoriente (“partorirai con dolore”).
Questo può avvenire grazie all’aiuto di un’anestesista-stregone, che urla Abauè con le mani alzate quando il parto avviene, e di una scienza (quella che toglie il dolore del parto) che può essere, talvolta, strumento di contrasto al furto culturale.
Perché è anche nella scrittura e nella musica che troviamo quel gradino, sempre culturale, che sbilancia le opportunità a favore degli uomini. Basta provare a chiedersi non tanto quante siano le cantanti (interpreti), ma quante siano le autrici di musica e canzoni (non solo esecutrici) che riescono ad emergere.
Questa è un pò la premessa che Margherita Vicario pone alla scrittura di una canzone, giocando sul fatto di non poterlo fare, ma facendolo lo stesso:
Non la so scrivere una canzone
Tanto a che serve? Basta fare
Nana eh ah, nana eh ah
E perdo punti sul tabellone
Da sola riesco a dire solo
Nana eh ah, nana eh
Ma quando il racconto/canzone può partire sul serio, dopo le doverose premesse, la scrittura e la creazione si intrecciano inesorabilmente con la distruzione e la morte, con il suicidio di un trap boy che per il troppo sciroppo, quello a base di codeina, de-cantato in alcune canzoni trap, si impicca al muro, probabilmente il muro della propria casa materna.
Sul comodino lo sciroppo
Attento che poi il troppo stroppia
Si è appeso al muro con un cappio
C’è un’ambulanza già sull’Appia
La madre ha perso ogni speranza
E il padre chiuso nella stanza
E tutti i soldi ancora lì
Ma lo sciroppo è anche una parola chiave che racchiude un altro significato emotivo. Lo sciroppo è quello che i genitori danno ai bambini piccoli con la febbre per poi appoggiarlo sul comodino, e può essere un simbolo del prendersi cura materno-paterno.
Questo prendersi cura che spesso non basta, perché il pericolo della perdita di un figlio e del suo allontanamento dai progetti dei genitori (“e tutti i soldi ancora li)” si può nascondere anche nelle canzoni.
E qui torna la domanda iniziale che una creatrice di canzoni si fa.
Cosa succede quando il creare si confonde col distruggere?
In realtà nell’inconscio, un modo di funzionare della mente in cui i significati opposti convivono negli stessi luoghi, ogni creazione può coincidere con la distruzione (vedi: Il dramma della scelta. Una interpretazione a molti mondi), suo preciso opposto, e una creazione distruttiva non è paradossale.
Davanti a questa condizione in cui si trovano le persone che creano è possibile porsi in modi differenti.
E sembra che Margherita Vicario decida di prendere una parte consapevole nel gioco creativo-distruttivo, nella quale diventa utile durante la creazione la distruzione di quello che si crea per poter avere il controllo sul risultato finale.
Prendo un coltello e me lo pianto
Nana eh ah! Nana eh ah!
Prima mi cerchi poi c’è il terrore
E che fatica mamma mia
Nana eh ah, nana eh ah
Ci vuole il doppio dell’attenzione
Io abbozzo, ma non mollo
Nana eh ah
Nel video Margherita fa il gesto di piantarsi un coltello nella pancia, un gesto di controllo della creazione anche a costo di una sua distruzione, perché la cosa importante non è creare in sé, ma creare alle proprie condizioni.
Con ogni interpretazione che viene fatta inesorabilmente se ne perdono altrettante, altrettanto valide. Anche interpretare può coincidere col distruggere.
Altre letture possono nascere dalle parole chiave: Frontiera, Soldi, terrore, orrore, ambulanza.
Morgan Colaianni
Psicologia Clinica. Orientamento Creativo.