Come si superano i momenti difficili? Davanti a questa domanda Lucio Corsi ci dà una risposta semplice che noi possiamo accettare senza sentirci ingannati, perché rispondere in modo semplice alle domande complesse spesso si rivela una buona idea.
Con la canzone Freccia Bianca possiamo intuire che le storie, i racconti, le poesie sono un modo di occuparsi dei momenti difficili, e quindi in un certo senso di superarli.
Per capire meglio la complessità che si trova dietro questa semplice risposta proviamo a partiamo dal testo della canzone:
Ad apparire per ultimo è sempre il numero del binario
Tra poco passa il treno per Milano
Che risale la penisola, la piuma in testa è di gabbiano
Frecciabianca, lo spirito di un capo indiano
I primi due versi della canzone parlano di un evento della vita reale, una circostanza precisa di una vita quotidiana: il momento in cui si prende un treno per partire per la città. Vediamo che partendo dalla realtà il contatto con essa viene subito alleggerito dai versi successivi e si va verso un’interpretazione di quella realtà. Il treno appena preso ha una piuma di gabbiano sulla testa e il suo nome è Freccia Bianca, spirito di un capo indiano.
Freccia Bianca è un traghettatore di terra, che risale la penisola verso territori che si allontanano dal mare.
Che entra dentro le bocche spalancate delle montagne in Liguria
Come se fossimo una gomma americana
Il buio ci mastica e ci sputa
Freccia Bianca contiene il viaggiatore accompagnandolo in ciò che di più spaventoso c’è in un viaggio: il buio ignoto.
Nella storia dell’uomo ci sono sempre stati diversi tipi di viaggio, e nel mondo moderno le tipologie si sono moltiplicate: c’è il viaggio di scoperta, quello di vacanza, di lavoro, di luna di miele, ma il più antico che esiste è il viaggio di necessità. Viaggiare per necessità è il viaggio di cui parla Lucio Corsi, che migra con l’aiuto di Freccia Bianca, capo indiano, verso il Nord da un luogo in cui ci sono i gabbiani ad un luogo che appartiene alle montagne.
Il viaggio di necessità è quello che fa più paura perché è caratterizzato dall’abbandono di ciò da cui si parte per raggiungere qualcosa che ancora non si conosce. Però Freccia Bianca, lo spirito del capo indiano, è capace di proteggere il viaggiatore nel processo in cui questo perde se stesso, entrando nelle bocche spalancate delle montagne, e viene divorato dal buio ignoto. La velocità di Freccia Bianca che è anche la sua risorsa più grande aiuta il viaggiatore a uscire dall’ignoto e ad essere masticato come una gomma americana senza correre il rischio di morire.
Essere masticati dal buio è qualcosa che accade a tutti i viaggiatori che dopo il viaggio non possono che avere una forma diversa da quando sono partiti.
Sentirsi soli in una grande città fa più male che dalle mie parti
Mi tagliano la gola queste armi bianche, le punte delle Alpi
Sentirsi soli in una grande città è più dura che nella mia terra
Ci sono troppe pareti, troppi muri dove sbattere la testa
Superate le strofe come se anche noi fossimo su Freccia Bianca arriviamo in città e Lucio Corsi ci parla di ciò che c’è di più difficile una volta arrivati: la solitudine.
La solitudine non è qualcosa che appartiene solo alle città perché probabilmente ha più a che fare con lo spazio interiore che con lo spazio fisico. Tuttavia forse Lucio Corsi ci dice che il sentirsi soli nella propria terra ha un senso diverso dal sentirsi soli nella grande città. Nella propria terra infatti sentirsi soli significa organizzare la propria vita intorno a quella solitudine e alla possibilità di costruire un altrove in cui è possibile immaginare assenza di solitudine. Quando poi si è altrove e la solitudine rimane allora si può capire che la solitudine non riguarda lo spazio fisico, non ha a che fare con la quantità di persone che ci circondano.
La solitudine ha a che fare con un altro tipo di spazio, uno spazio interiore che può essere identificato con il modo in cui creiamo rapporti con la realtà che ci circonda, e il racconto, le storie sul mondo che viviamo, sono un modo di creare rapporti col mondo.
Da quando ne abbiamo memoria, e per memoria intendiamo sia le tracce provenienti dal passato sia la nostra memoria personale, l’essere umano crea storie per superare i momenti più difficili, o meglio per rendere quei momenti difficili vivibili senza correre il rischio di essere travolti dal dolore.
In questa prospettiva possiamo pensare il dolore insopportabile come conseguenza dell’incapacità di creare storie (senso) sui momenti difficili che stiamo vivendo. Quando questo accade la realtà diventa assurda e inaccettabile, senza alcun senso appunto, e il dolore diventa grande e ingestibile.
Dare senso al dolore significa invece riuscire ad averci a che fare, ed è quello che la mitologia, i racconti, i rituali fanno da secoli. Pensiamo al rituale dello sciamano descritto da Claude Lévi-Strauss in Antropologia strutturale, il quale osserva che davanti ad un parto difficile i Cuna, popolazione del Panama, chiamano lo sciamano che con la sua arte aiuta la partoriente. Inizia un canto sulla dea Muu, dea della nascita, che seppur benevola talvolta trattiene i nascituri. Lo sciamano inizia a cantare di una lotta che intraprende con Muu all’interno del corpo della donna per riuscire a vincere la dea e a farla desistere dalla sua intenzione. Lévi-Strauss osserva che questo canto dello sciamano facilita effettivamente la fisiologia del parto. In altre parole se al dolore assurdo e senza spiegazioni viene dato un senso, questo diventa vivibile, con un’efficacia su dimensioni della realtà complesse come quella del corpo umano.
Lucio Corsi con la canzone Freccia Bianca crea un mito, un racconto, con l’obiettivo preciso di elaborare la solitudine e la difficoltà che ha trovato nel vivere in città lontano dalla sua terra, nella quale altri racconti lo hanno accompagnato (basti pensare al suo album Bestiario Musicale). Possiamo anche pensare che la migrazione è qualcosa che non riguarda solamente Lucio Corsi, ma è un processo sociale che riguarda trasversalmente una grande quantità di persone nella nostra cultura e nella nostra epoca, e che è comune a culture diverse ed epoche diverse.
Trovare il posto alle valigie è sempre uno dei miei problemi
Per non farle rimanere tutto il viaggio in piedi
Sta risalendo la penisola il vecchio spirito di un pellerossa
Dividendo in due le città che incontra
Un viaggio poetico di questo tipo potenzialmente è capace di fare ogni cosa: ad esempio è capace di rendere conoscibili le città ancora sconosciute. Nell’ultimo verso della canzone vediamo com’è possibile.
Freccia Bianca nel suo viaggio trasformativo divide in due le città. La parola dividere (dal lat. dis, video) significa conoscere separando. Il treno viaggiando analizza le città, dove analizzare significa dividere in parti definite (due) e conoscibili un oggetto, partendo da una realtà monolitica e indefinita.
Mentre all’esterno del treno accade questo, all’interno bisogna anche occuparsi del proprio passato. Lucio Corsi lo dice parlando delle valigie che rappresentano un problema di cui occuparsi perché richiedono un posto a sedere, una collocazione. Per fortuna dentro Freccia Bianca, capo indiano, è possibile tutto ciò che non sarebbe possibile se Freccia Bianca fosse semplicemente un treno.
Rispondendo alla questione iniziale sui momenti difficili e sul loro superamento possiamo ripetere che le storie (poetiche in questo caso) aiutano a superare le difficoltà, come quelle che si trovano nell’andare a vivere in città partendo dalla propria terra. Il momento è difficile perché vivere l’alternativa sognata significa far diventare realtà il sogno, e se la realtà non è simile all’aspettativa ciò che si perde è il sogno.
Tutto questo diventa vivibile attraverso la costruzione di una storia poetica sul viaggio, in cui è il viaggio stesso che prende senso e diventa un sogno poetico che da solo è capace di dare senso a tutto il percorso.
Con questa canzone possiamo anche fare un azzardo aggiungendo che più che il racconto in sé è il processo creativo che sta intorno ad esso che è capace di dare senso ad un momento difficile. In pratica creare un prodotto a partire dalla sofferenza è quello che rende la sofferenza non solamente qualcosa da curare, ma qualcosa che può trovare un posto all’interno di un viaggio come se fosse una valigia ingombrante che all’improvviso entra perfettamente nello spazio sotto i sedili, proprio dove non avevamo guardato.
Con ogni interpretazione che viene fatta inesorabilmente se ne perdono altrettante, altrettanto valide. Altre interpretazioni possono nascere dalle parole: apparire per ultimo, piedi, pareti, armi bianche, manto bianco, gola, pianura, sbattere, sparire.
Morgan Colaianni
Psicologia Clinica. Orientamento Creativo.