Da sempre l’essere umano cerca di incidere sul mondo, di avere un’influenza nel casuale evolvere degli eventi, e rendere questi eventi meno casuali, ma determinati o collegati in qualche modo a se stesso e alle sue azioni.
L’osservazione dei popoli “primitivi” ci ha permesso di capire direttamente il modo in cui l’essere umano di un’altra cultura, cerca di imporre la propria influenza sul mondo.
Oggi cerchiamo di farlo con il pensiero scientifico, che ha costruito delle leggi che descrivono bene la realtà, leggi che ci forniscono un valido strumento per poter prevenire alcuni eventi non desiderati. Nonostante questo ci affidiamo molto spesso a pratiche magiche che chiamiamo superstizione.
I popoli del mondo prescientifico non hanno vissuto in balia della casualità, ma hanno utilizzato pratiche e rituali, che oggi possono sembrarci piuttosto assurdi, per riuscire a percepire e a vivere un mondo controllabile e gestibile.
I comportamenti e i rituali messi in atto potevano servire ad attirare un evento desiderato o a scongiurare un evento indesiderato.
Prevenire il pericolo
Nelle Isole Kei nell’Indonesia Orientale i popoli che si preparavano ad una partenza di una nave diretta in un posto lontano, per evitare i pericoli del mare coprivano il posto in cui giaceva la nave sulla sabbia prima della partenza con delle palme e quel luogo diventava sacro.
Nessuno poteva avvicinarsi prima del ritorno della nave, altrimenti gli uomini in viaggio avrebbero corso grandi pericoli.
Curare malattie
Gli antichi Indù avevano una cerimonia precisa per poter curare una persona dall’itterizia, una malattia che rende gialla la pelle della persona che ne è affetta. Il rito aveva come scopo quello di far tornare alla persona il colorito roseo, e mandare via il colore giallo, sintomo di un male che poteva portare alla morte.
Al malato veniva fatta bere dell’acqua versata sul manto di un toro rosso, con dei peli all’interno. Successivamente ai piedi del letto del malato venivano messi tre uccelli gialli, che attraverso una cerimonia dovevano assorbire il colore giallo del malato e permettergli una guarigione.
L’idea che un uccello potesse curare dall’ittero era diffusa anche nei greci, tanto che Plutarco descrive le proprietà curative della Beccaccia, proprietà che risiedevano nel suo occhio giallo, capace di attirare a se il giallo del malato di itterizia.
Evitare pericoli futuri
Ai bambini Eschimesi veniva proibito di giocare a “ripiglino”, un gioco di intrecci di dita e corde, perché una volta cresciuti avrebbero potuto incagliarsi con la corda dell’arpione durante la caccia delle balene, proprio a causa di questo gioco fatto in passato.
I Toraja dell’Indonesia pensano che nessuno può fermarsi sulle scale di entrata di una casa in cui c’è una donna incinta, perchè indugiare in quel luogo può provocare l’indugiare del bambino nel parto, e quindi una difficoltà nella prossima nascita.
Pratiche simili in varie parti del mondo possono servire ad evitare pericoli, o anche, come abbiamo detto a far accadere qualcosa di desiderato.
Provocare del male al nemico
Gli indigeni dell’Australia sud-orientale credono di poter fare del male ad un uomo infierendo con un materiale appuntito nella sua impronta lasciata a terra. Molti dolori reumatici dei piedi vengono spiegati cosi sia da queste popolazioni che da alcune popolazioni Europee di fine ‘800 (Germania, Francia, Iugoslavia).
Causa-effetto
Queste usanze delle popolazioni di diverse parti del mondo hanno tutte in comune un tentativo di determinare un effetto attraverso una causa provocata da se stessi.
Il mondo in assenza di pratiche simili diventa ingestibile, impossibile da sopportare talvolta, specialmente quando si vivono esperienze rischiose. Vivere il pericolo come attori passivi, senza poter fare niente, significa vivere la paura di sentirsi completamente in balia del caso e quindi dell’ignoto. Di conseguenza l’essere umano in diverse culture ha creato modi diversi di affrontare il caso e renderlo meno pericoloso.
La ricerca di significato
Le pratiche che ho raccontato possono sembrarci piuttosto assurde, ma descrivono bene un modo di funzionare che appartiene alla nostra mente
Cerchiamo continuamente cause agli eventi del mondo, significati dove sembra difficile trovarne, pensando che ogni evento sia un effetto di una causa.
Trovare motivazioni ai più diversi eventi della realtà significa occuparsi dell’ignoto, sostituire a ciò che è sconosciuto una legge sottostante che ne descrive il funzionamento.
E’ quello che cerca di fare la magia dei popoli “primitivi”: riempire l’ignoto attraverso il rituale capace di dare senso all’esperienza.
Esistono infinite cose del mondo che non hanno significato, ma all’interno dell’essere umano e al suo esterno nelle relazioni non è così, perchè ogni cosa significa.
Noi esseri umani siamo produttori di significati, e i periodi di crisi sono momenti in cui non riusciamo più a trovare significati utili alla nostra esperienza.
La magia e la psicologia hanno in comune il tentativo di essere uno strumento per rispondere a questa esigenza umana di senso.
I sintomi di disagio psicologico in questa prospettiva sono segnali a cui dare significato e diventano uno strumento per poter superare la crisi, più che l’espressione diretta di una malattia o disturbo da curare.
Bibliografia:
- James Frazer, Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione, Torino, Bollati Boringhieri, 1990.
- Ernesto DE MARTINO, Il mondo magico, Prolegomeni a una storia del magismo, Einaudi, Torino, 1948.
Morgan Colaianni
Psicologia Clinica. Orientamento Creativo.